La fenomenologia dell’evento avvenuto nella sera di Lunedì 29 Ottobre 2018 su vaste aree di Alpi e Prealpi centro orientali, riguarda una ventilazione sinottica sostenuta che ha assunto delle ulteriori accelerazioni di natura geometrica, isallobarica e da compressione in concomitanza con l’ingresso del fronte freddo. Diversamente dal solito, il fronte freddo è entrato da sud sospinto da correnti portanti molto veloci e da un minimo profondo, caratterizzato da un elevato gradiente orizzontale di pressione e da un rapido movimento da Sud verso Nord.

Come si può osservare dalle seguenti due mappe della temperatura potenziale a 850hPa alle 18:00 (UTC) del 29 Ottobre, il fronte freddo è adagiato alle Prealpi Venete mentre tre ore dopo è già sulla Germania meridionale.  L’aria fredda ha quindi attraversato l’arco alpino in modo repentino andando a scalzare l’aria calda nelle vallate che in molto casi hanno visto il passaggio da calma di vento a raffiche oltre i 100 km/h in pochissimi minuti.

nmm 5 6 0 teta850 mod

Temperatura equivalente a 850 hPa alle ore 19:00 del 29 ottobre come prevista dal modello WRF-NMM Meteociel (fronte a ridosso delle Prealpi)

nmm 5 9 0 teta850 mod

Temperatura equivalente a 850 hPa alle ore 22:00 del 29 ottobre come prevista dal modello WRF-NMM Meteociel (fronte sulla bassa Germania)

TIPOLOGIA DI FRONTE

La scarsa rotazione dei venti al passaggio del fronte ed i radiosondaggi mostrano che si è trattato di un fronte tipo “ana cold front” in cui l’aria fredda si inserisce nei bassi strati sotto il “warm conveyor belt”.

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Schema a confronto tra Anafront e Katafront in media troposfera.

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Profilo schematico a confronto tra Anafront e Katafront.

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Radiosondaggi tipici dei fronti tipo Anafront e Katafront .

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Radiosondaggio su Milano alle 12z del 30 ottobre in cui il fronte freddo ha ancora un esiguo spessore con uno strato di inversione ancora a 2.500 m s.l.m..

Si tratta di un tipo di fronte che raramente interessa il nord Italia e che comporta l’accelerazione dei venti nei bassi strati. La presenza del soprastante “warm conveyor belt” schiaccia lo strato di inversione del fronte freddo, lo avvicina al suolo e conferisce alla massa d’aria fredda una forte stabilità. A mezzogiorno del 30, dopo 14 ore dall’ingresso del fronte freddo, nel radiosondaggio di Milano lo strato di inversione del fronte freddo era ancora a soli 2.500 metri. Da notare invece una media e alta troposfera in condizioni prossime alla saturazione a causa dell’imponente afflusso caldo e umido di origine tropicale.

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Schema del profilo verticale dei venti nell'Anafront e nel Katafront.

 

ACCELERAZIONI DI NATURA GEOMETRICA:

Sono avvenute principalmente nel settore prealpino interessando particolarmente le valli orientate secondo l’asse nord-sud che hanno visto un’accelerazione locale del vento per l'effetto "Venturi". Prima del fronte freddo l’aria calda e umida che risaliva il versante prealpino aveva un’elevata tendenza al galleggiamento ma con l’entrata del fronte l’aria fredda stabile rimaneva schiacciata al suolo concentrandosi nei varchi prealpini.

COMPRESSIONE SINOTTICA CON COSTRIZIONE DEL FLUSSO DI BASSO LIVELLO:

Il fronte freddo di tipo anafront era caratterizzato da un esiguo spessore che, sulle Alpi, veniva ulteriormente ridotto dalla presenza dell’ostacolo orografico e dalla contemporanea forte subsidenza che interessava lo strato superiore del “warm conveyor belt”. Dal radiosondaggio di Milano si poteva stimare che lo strato di inversione del fronte freddo fosse a bassa quota e intorno ai 2.500 metri sulla Pianura Padana. La seguente mappa mostra come in media troposfera ci fossero venti di caduta fuori della scala normale della mappa.

nmm 15 6 0 WindVert700

Componente verticale del vento a 700 hPa alle ore 19:00 del 29 ottobre come prevista dal modello WRF-NMM Metociel (valori positivi indicano discesa dell'aria)

La compressione agiva anche sul sottostante flusso di basso livello schiacciandolo nelle valli. Questa costrizione all’interno dell’arco alpino produceva la canalizzazione del flusso sottostante vincolando l’irruzione del FF alla morfologia Alpina. Come  si può osservare dalle innumerevoli testimonianze gli effetti principali si sono avuti nei fondo valle e in medio versante. La canalizzazione andava infatti ad esaltare gli effetti della ventilazione al suolo, soprattutto in situazioni particolari come i restringimenti, le curvature e le confluenze tra le valli. Localmente ci sono state anche degli effetti di caduta non ascrivibili alla fenomenologia classica del downburst (vento di caduta) ma piuttosto dovuti sempre alla costrizione del flusso di basso livello che, in alcuni casi, nel versante sopravento non riuscendo il flusso di basso livello a vincere la costrizione dello strato di inversione ricadeva all’indietro o lateralmente producendo ulteriori concentrazioni nei fondo valle. Anche la durata del vento e la concentrazione per ore negli stessi punti porta ad escludere fenomeni di downburst convettivo o ventilazione catabatica classica.

Una volta valicato il fronte prealpino l’aria fredda sollevata ricadeva lungo i versanti e nelle valli come un liquido, scalzando l’aria calda e subendo un’accelerazione gravitazionale. L’effetto della ricaduta dal fronte prealpino appare chiaramente dal confronto dell’andamento della temperatura e del vento tra la stazione di Capanna Sinel sul Carega a circa 2.000 m s.l.m. e quella di Ala sul fondo della val d’Adige posta a circa 180 m s.l.m. Al passaggio del fronte freddo a Capanna Sinel si assiste ad un calo di circa 3°C della temperatura con l’aria che rimane in condizioni di saturazione mentre ad Ala si assiste ad un repentino aumento della temperatura di circa 6°C e un concomitante calo dell’umidità, segno della ventilazione di caduta.

Capanna Sinel

Andamento delle temperature e del vento nella stazione di rifugio Capanna Sinel Ala (TN) 2.019 m s.l.m.

Ala

Andamento delle temperature e del vento nella stazione di Ala (TN) 180 m s.l.m.

In questa foto appare evidente l'effetto di canalizzazione che ha interessato il fondo valle anzichè i versanti, con una raschiatura delle superfici più simile agli effetti di una massa liquida che gassosa.

Danni

Foto della Val Visdende tratta dal video pubblicato su Youtube da Gerry de Zolt

Riportiamo di seguito lo schema grafico complessivo del fenomeno.

Dinamica v2

Schema dell'evento

ACCELLERAZIONE DATA DALLA COMPONMENTE ISALLOBARICA

Nel momento in cui si ha una differenza di pressione tra due punti posti ad una certa distanza, s’instaura il vento. Il vento, quindi, ha lo scopo di compensare questa differenza di pressione spostando una certa massa d’aria dal punto ad alta pressione a quello a bassa pressione.  Questo vento viene definito “di gradiente”, ossia nato dalla differenza di pressione. Tuttavia a questa componente del vento in alcuni casi se ne aggiunge un’altra, detta per “isallobarica”, ed è dettata dalla velocità con cui il minimo di bassa pressione si sposta orizzontalmente. Come abbiamo già evidenziato, l’Italia era investita dalla “warm conveyor belt”, ossia da aria molto calda e umida di origine sub tropicale. Questa particolare situazione si può accompagnare alla presenza di un ramo del Getto Sub Tropicale, ed in particolare dal suo cuore più veloce: il Jet Streak. Questo velocissimo vento in quota determina una sorta di “risucchio” d’aria dal suolo verso il limite superiore della troposfera, ossia forti moti ascensionali. Proprio questi moti ascensionali vanno ad approfondire ulteriormente il centro di bassa pressione al suolo. Questo meccanismo si è manifestato su gran parte d’Italia nel corso di Lunedì 29 Ottobre, tanto è vero che la pressione ha toccato i 979 mbar sul Piemonte, un valore notevolissimo e vicino ai record assoluti di bassa pressione sull’Italia. Proprio questo vortice depressionario ha determinato un fortissimo vento di gradiente su larga scala (sinottica). Ma la contemporanea presenza del Jet Streak in quota ha fatto sì che il minimo di pressione al suolo venisse velocemente traslato verso nord. Presso la stazione meteorologica di Verona Villafranca si è assistito a un calo della pressione di 14 mbar in 13 ore tra la notte ed il pomeriggio del 29 Ottobre; poi una volta passato il minimo, la pressione è risalita di 8 mbar in 5 ore tra il pomeriggio e la sera. In quest’ultimo frangente il centro di bassa pressione ha attraversato le Alpi, determinando l’ingresso del fronte freddo ed instaurando un’ulteriore accelerazione dei venti meridionali, proprio per la rapidità con cui è variata la pressione al suolo. Si è quindi instaurato un surplus di gradiente barico tra il versante meridionale delle Alpi (relativa alta pressione) e quello settentrionale (bassa pressione) che ha accelerato le correnti meridionali già presenti. La velocità con cui è aumentata la pressione in Pianura Padana è strettamente legata alla velocità con cui il minimo è transitato verso nord, che a sua volta è strettamente legata con la velocità dei venti portanti in quota (Jet Streak). Quindi questo extra contributo di gradiente barico tra il versante meridionale e settentrionale delle Alpi ha determinato una extra accelerazione del vento, definita per l’appunto “vento isallobarico”.

RAFFICHE MASSIME DI VENTO MISURATE

La seguente tabella riporta le raffiche massime di vento misurate in alcune stazione meteorologiche delle Prealpi veronesi e vicentine e del basso Trentino.

 

Tabella venti v2

Raffiche massime del vento

 

CASO ROANA - PASSO VEZZENA

Poco a sud-est di Passo Vezzena lungo la Strada Statale che collega  l’altopiano di Asiago a Levico Terme è stata interessata da un’estesa area di schianti con direzione NNE. L’orientamento del vento era quindi quasi opposto alle correnti portanti in genere da SE. L’orientamento era dettato dall’asse della valle NE ma con una componente aggiuntiva da nord segno di una circolazione secondaria generata dalla curvatura della valle. L’aria entrava quindi da SE ma era costretta a seguire l’asse della valle delimitato ad est e nord da una linea di cresta continua compresa tra 1.900 e 2.200 m s.l.m.. In questo caso l’accelerazione del vento è stata data soprattutto dalla circolazione secondaria che ha causato un effetto erosivo simile a quello che accade all’esterno delle anse dei fiumi.

Vezzena

Valle in prossimità di passo Vezzena - Foto orientata verso NE tratta dal video Fb Alex Dalprà.

Vezzena rilievo 01

Rilievo Googlemap della valle di passo Vezzena con indicazione del vento portante (rosso), del vento al suolo che ha devastato la foresta (blu), delle linee di flusso (nero) e della zona colpita (verde)

ASPETTI FORESTALI

Lo schianto generalizzato di intere porzioni di bosco è dipeso da diversi fattori concomitanti. Ovviamente come è stato descritto in precedenza la forza del vento per un tempo prolungato forse più di un ora come emerge anche dalle misurazioni delle stazioni e dalle testimonianze. In secondo luogo i terreni fradici. Da un punto di vista forestale si è poi verificato l'effetto domino tipico di formazioni forestali coetanee (stessa età degli alberi) o monoplani (uguale altezza della chioma nel piano dominante). Questa situazione è tipica delle cosiddette peccete costituite solo da una specie: l'abete rosso. Sono boschi pianificati, gestiti per trarre legname da opera segheria e pertanto vengono tagliati mantenendo una densità molto elevata per fare in modo che la chioma si alzi e sotto rimanga un fusto filato per non avere nodi. Si agisce sulla densità in modo che la mancanza di luce solare promuova l’essicamento dei rami del fusto più bassi. In questa situazione le piante si tengono su una con l'altra; se il vento impatta e tira giù le prime file parte l'effetto domino facendo progressivamente cadere vaste porzioni di bosco. Aggiungiamo che l'abete rosso ha la caratteristica di avere un apparato radicale abbastanza superficiale: infatti, durante i sopralluoghi sulle aree distrutte, si è notato che zone posizionate sullo stesso versante e stessa direzione ma popolate da porzioni di larice sono rimaste in piedi perché il larice ha apparato radicale più profondo e è più elastico.

Ragionevolmente se avessimo avuto boschi misti con specie diverse, (tipo abete rosso, abete bianco, faggio e altre specie) di età diversa in grado di utilizzare meglio lo spazio verticale della chioma e con piante più giovani e più elastiche, tutto ciò sarebbe stato meno dannoso per i boschi colpiti da forte vento.

 

NOTA DI CORREZIONE

Nell’articolo è stato ipotizzato un contributo sinottico dei venti di caduta con compressione del sottostante fronte freddo. In realtà successivamente analizzando meglio le mappe dobbiamo concludere che probabilmente è successo il contrario. Tale errore nasce principalmente da una errata lettura della mappa delle velocità verticali a 700 hPa i cui colori fuori scala hanno fatto presumere a venti di caduta, mentre in realtà le correnti ascensionali erano fuori scala. Quindi a livello sinottico, il forte galleggiamento della massa calda tropicale soprastante (ulteriormente surriscaldata dal calore latente di condensazione rilasciato sull'area alpina) ha provocato un effetto ventosa con trascinamento orizzontale della massa d’aria fredda sottostante. Le due masse d’aria (tropicale sopra e polare sotto) con caratteristiche termodinamiche troppo diverse sono rimaste separate da un forte strato inversione a basso livello. Lo squilibrio pressorio si è quindi colmato non con un flusso verticale o misto orizzontale/verticale ma con un flusso orizzontale di basso livello, esaltando quindi la forza dei venti proprio nei bassi strati. In quest’ottica si inserisce la tipologia di fronte “anafront” che è stata esaltata appunto dalla natura estremamente diversa delle due masse d’aria. Quindi da un punto di vista sinottico l’effetto di canalizzazione è stato appunto favorito dal trascinamento orizzontale in prossimità del suolo dell’aria fredda immiscibile che ovviamente ha preferito seguire le valli anziché le cime.